Una parte non sempre considerata come un pezzo a sé, ma che, in realtà, è protagonista della cucina del nord Italia, oltre che di quella dei paesi di area germanica. Inoltre è stato uno dei tagli più utilizzati da chef importanti. Insomma, ha tutte le carte in regola.
Viene chiamato anche gerretto o garretto e volendo localizzarlo nella “geografia” del corpo del suino corrisponde ad un a parte dell’arto posteriore.
Come taglio risulta meno carnoso del cosciotto, ma è comunque alla base di arrosti molto particolari, che richiedono in generale una cottura prolungata, a fuoco discretamente basso. Non sempre, in effetti, lo stinco è considerato come un taglio a sé ed è inglobato nelle sezioni a lui vicine.
Prova paragrafo
Più in generale, lo stinco ha seguito le sorti delle altre parti del maiale nella considerazione culinaria nazionale ed internazionale.
A questo proposito va fatta una piccola parentesi “storica”. Sembrerà strano ma è stata lanovelle cuisine a dare nuova dignità alla carne di un animale che, nel frattempo, aveva cambiato gran parte delle proprie caratteristiche fisiche e, quindi, nutrizionali; maggior asciuttezza delle carni, che potevano far concorrenza a quelle bovine, e aumento in percentuale di grassi insaturi, addirittura benefici per la circolazione sanguigna.
I maestri della nouvelle cuisine, dunque, ostinatamente con le antenne alzate alla ricerca di novità, si accorgono di questa “trasformazione” e la fanno propria.
Si tratta, per loro, di soddisfare un innato desiderio di sperimentazione e un forte interesse a dare nuova linfa a materie prime tradizionali.
Operazione svolta su due fronti: cotture veloci, leggere ed abbinamenti spesso insoliti che attirano anche qualche critica.
Il maiale, lo stinco in particolare, in questo senso si presenta benissimo: considerato ancora un pezzo “povero”, realizza perfettamente, abbinato a prodotti ricchi, preziosi, quel gioco di contrasti forti, anche shoccanti, che ha caratterizzato il “movimento” gastronomico.
Il nome italiano per eccellenza di questa corrente, Gualtiero Marchesi, dopo un periodo di discreta “antipatia” per questo come per altri alimenti tradizionali (vedi pasta) torna sui suoi passi e in una nuova concezione di cucina globale inserisce, appunto, uno stinco cotto intero e affumicato in casa.